Si parla di "Osteoporosi" quando vi e’ una riduzione del tessuto osseo relativamente al volume dell’osso anatomico e quindi l’osso e’ di normali dimensioni ma contiene meno tessuto osseo.

Lo sviluppo della massa ossea può continuare fino ai 30 anni di età periodo durante il quale si costituisce un serbatoio di osso e di calcio utile per alleviare una successiva perdita ossea nel corso dell’invecchiamento. Il trascorrere del tempo infatti produce mutazioni quantitative e qualitative più o meno significative. 

Si ritiene che la combinazione tra la corretta alimentazione e l’esercizio fisico in giovane età permette di rallentare questo fenomeno degenerativo. 
Anche in soggetti anziani l’attività  fisica contribuisce ad incrementare il contenuto minerale dell’osso e sicuramente ne rallenta la perdita. 

L’osteoporosi riducendo la densità dell’osso aumenta il rischio di fratture e può colpire singoli segmenti ossei o l’intero scheletro. 

Può colpire bambini ed adolescenti di entrambi i sessi ma la maggiore incidenza si ha tra le donne in pre-menopausa e gli individui sopra i 70 anni di età.

                                                          OSTEOPOROSI

 

 

 

L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni qualitative (macro e microarchitettura, proprietà materiali) che si accompagnano ad aumento del rischio di frattura.

Sono chiamate Osteoporosi primitive le forme di osteoporosi che compaiono dopo la menopausa (postmenopausale) o comunque con l’avanzare dell’età (senile).

Le Osteoporosi “secondarie” sono quelle determinate da un ampio numero di patologie e farmaci. L’indagine densitometrica consente oggi di misurare in modo abbastanza accurato e preciso la massa ossea ed in particolare la sua densità minerale (Bone Mineral Density o BMD) in g/cm2 di superfice ossea proiettata. La BMD è responsabile della resistenza meccanica dell’osso per il 60-80% . Per l’OMS la diagnosi densitometrica di osteoporosi si basa sulla valutazione con tecnica dual-energy x-ray absorptiometry (DXA) della densità minerale, raffrontata a quella media di soggetti adulti sani dello stesso sesso (Picco di massa ossea). L’unità di misura è rappresentata dalla deviazione standard dal picco medio di massa ossea (T-score). È stato osservato che il rischio di frattura inizia ad aumentare in maniera esponenziale con valori densitometrici di T-score < -2.5 SD che, secondo l’OMS, rappresenta la soglia per diagnosticare la presenza di osteoporosi.

La BMD normale è definita da un T-score compreso fra +2,5 e -1,0 (la BMD del paziente, si colloca cioè fra 2,5 DS (deviazioni standard) sopra la media e 1 DS sotto la media di un giovane adulto sano dello stesso sesso.

L’osteopenia (bassa BMD) è definita ad un T-score compreso tra -1,0 e -2,5 DS.

L’osteoporosi è definita da un T-score inferiore a -2,5 DS.

L’osteoporosi conclamata è definita da un T-score inferiore a -2,5 DS dalla contemporanea presenza di una o più fratture da fragilità. Va precisato che si tratta solo di una diagnosi densitometrica che può essere tradotta in diagnosi clinica solo dopo una valutazione complessiva di diagnostica differenziale. Molto utile anche la tecnica ad ultrasuoni per l'assenza delle radiazioni, la sua facile ripetitività ma anche per definire l'elasticità dell'osso.

 EPIDEMIOLOGIA.

    L’osteoporosi rappresenta una malattia di rilevanza sociale. La sua incidenza aumenta con l'età sino ad interessare la maggior parte della popolazione oltre l'ottava decade di vita. Si stima che in Italia ci siano oggi circa 3,5 milioni di donne ed 1 milione di uomini affetti da osteoporosi. Poiché nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni d’età aumenterà del 25%, ci dovremo attendere un proporzionale incremento dell’incidenza dell’osteoporosi. Il "life time risk" di andare incontro ad una frattura osteoporotica a carico del polso distale, dei corpi vertebrali o del femore prossimale è di circa il 15% per ogni sito specifico e del 40% per tutti i siti. Nella popolazione italiana con oltre 50 anni d’età il numero di fratture di femore in un anno supera le 90.000. Alterazioni morfologiche vertebrali sono state riscontrate in oltre il 20% dei soggetti con oltre 65 anni d’età di entrambi i sessi. Le fratture osteoporotiche hanno importanti implicazioni sociali ed economiche oltre che sanitarie. I pazienti con frattura del femore prossimale presentano entro un anno dalla frattura, un tasso di mortalità del 15-30%. Tra gli anziani le fratture osteoporotiche sono una delle maggiori cause di mortalità, la cui incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario e superiore di 4 volte a quella per carcinoma endometriale. Il 50% delle donne con frattura di femore presenta, inoltre, una consistente riduzione del livello di autosufficienza che, in circa il 20% dei casi, comporta l’istituzionalizzazione a lungo termine.

 

FATTORI DI RISCHIO

  La rilevanza clinica dell’osteoporosi è legata alla riduzione della resistenza ossea con conseguente aumento del rischio di frattura da fragilità per traumi considerati a bassa energia. I traumi a bassa energia sono generalmente rappresentati da cadute accidentali dalla posizione eretta o semplici attività della vita quotidiana. Nel caso delle cadute, la probabilità di frattura dipende dalle caratteristiche della caduta, dalla efficacia delle reazioni protettive e dalla possibile attenuazione dell’energia del trauma mediata dallo spessore dei tessuti molli. Tutti i fattori che condizionano il rischio di caduta tendono ovviamente ad aumentare il rischio di frattura. La patogenesi della frattura deve quindi tenere conto dei molteplici fattori che influenzano sia resistenza ossea sia frequenza e tipo di trauma. Il rischio di frattura osteoporotica è determinato da una combinazione di fattori che agiscono prevalentemente attraverso una riduzione della BMD e fattori parzialmente o totalmente indipendenti dalla BMD (caratteristiche del tessuto osseo non valutabili attraverso la BMD e fattori extraossei). La distinzione non è ovviamente rigida e molti fattori di rischio agiscono con più meccanismi contemporaneamente. Tra i numerosi fattori associati in maniera indipendente al rischio di osteoporosi e fratture che risultano di particolare importanza vanno annoverati l’età, le pregresse frattura da fragilità, la familiarità per fratture da fragilità, la terapia cortisonica e tutte le condizioni che aumentano la probabilità di cadute. Inoltre, la presenza di malattie concomitanti accentua il rischio di frattura. Nei soggetti con più fattori di rischio il rischio di frattura è superiore a quello di soggetti con un singolo fattore di rischio, compresa una isolata riduzione della BMD. Di conseguenza, la valutazione della BMD è adeguata per la diagnosi di osteoporosi (soglia diagnostica) ma l’identificazione di soggetti ad alto rischio di frattura in cui è appropriato un trattamento farmacologico specifico (soglia terapeutica) richiede la combinazione di BMD e fattori di rischio indipendenti.

 

I principali fattori di rischio sono:

 

  1. Densità minerale ossea (BMD) La riduzione della BMD è un importante fattore di rischio di frattura. La BMD dipende dal picco di massa ossea raggiunto all’apice dello sviluppo e dalla perdita ossea correlata a menopausa e invecchiamento ed è influenzata da fattori genetici e nutrizionali, abitudini di vita, malattie coesistenti e varie terapie farmacologiche . Numerosi studi epidemiologici prospettici, per la maggior parte effettuati misurando la BMD con tecnica DXA nelle sedi assiali (collo del femore, femore totale e vertebre lombari), hanno accertato che ogni riduzione di una deviazione standard della BMD aumenta il rischio di frattura di 1.5-3 volte.

  2. Età L’incidenza di fratture osteoporotiche aumenta esponenzialmente con l’età. il rischio di frattura correlato all’avanzare dell’età è solo parzialmente mediato dalla riduzione della BMD, ma dipende in gran parte da altri fattori, quali alterazioni qualitative della struttura ossea, aumento della frequenza di cadute e rallentamento delle risposte protettive. Un identico T-score ha un significato diverso alle differenti età e a parità di BMD il rischio di frattura è più elevato negli anziani rispetto ai giovani.

  3. Pregresse fratture Una pregressa frattura da fragilità è un importante fattore di rischio per ulteriori fratture in entrambi i sessi. Anche se una pregressa frattura è spesso correlata a ridotta BMD, il rischio di nuove fratture è in gran parte indipendente da questa. Gli studi epidemiologici più recenti hanno dimostrato che qualsiasi pregressa frattura, indipendentemente dalla sede, aumenta il rischio di nuove fratture, anche se in misura diversa. Particolare rilevanza prognostica va data alle fratture di vertebre (comprese le fratture morfometriche), polso, femore e omero. Il rischio dipende inoltre dal numero di pregresse fratture. Soggetti con 3 o più fratture hanno un rischio di nuove fratture circa 10 volte superiore a chi non ha avuto fratture e 2-3 volte superiore a chi ha avuto una sola frattura.

  4. Familiarità La familiarità per fratture influenza il rischio di frattura in modo indipendente dalla BMD. In particolare la familiarità per fratture di femore nei genitori aumenta significativamente soprattutto il rischio di fratture del femore e, anche se in misura minore, di tutte le fratture osteoporotiche.

  5. Comorbidità Numerose condizioni patologiche si associano a un aumento del rischio di frattura. In molte di queste condizioni si ritiene che il rischio sia mediato dalla riduzione della BMD. Tuttavia, spesso entrano in gioco meccanismi diversi, tra cui infiammazione cronica, alterazioni della qualità ossea, compromissione dello stato generale di salute, complicanze specifiche, riduzione della mobilità, riduzione della massa e forza muscolare (sarcopenia) e aumento del rischio di caduta. La carenza di vitamina D spesso associata rappresenta un ulteriore fattore negativo. Tra le patologie vanno ricordate artrite reumatoide e altre connettiviti, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattie infiammatorie croniche intestinali, AIDS, Parkinson, sclerosi multipla, condizioni associate a grave disabilità motoria. In particolare,i soggetti con diabete di tipo 1 o di tipo 2 tendono a fratturarsi a livelli di BMD superiori a quelli dei soggetti non diabetici e il rischio di frattura è quindi parzialmente indipendente dalla BMD.

  6. Terapie farmacologiche I farmaci per cui è stato descritto un aumento del rischio sono numerosi. Ben noto da tempo l’effetto osteolesivo dei glucocorticoidi, mediato in gran parte da fattori indipendenti dalla densità ossea, anche se la terapia steroidea induce sicuramente una rapida riduzione della BMD. Tra i farmaci di più recente introduzione particolare menzione va riservata alle terapie di blocco ormonale adiuvante (inibitori dell’aromatasi nelle donne operate per carcinoma della mammella, agonisti del GnRH negli uomini con carcinoma prostatico). Questi farmaci provocano una progressiva riduzione della BMD, ma non è escluso l’intervento di fattori indipendenti sul rischio di frattura. La valutazione complessiva del rischio di frattura La valutazione integrata di BMD e dei più importanti fattori di rischio clinici parzialmente o talmente indipendenti dalla BMD consente una stima più accurata del rischio di fratture da fragilità nel medio termine (5-10 anni successivi), e l’identificazione di soggetti in cui un trattamento farmacologico è più appropriato.

 

Riassumendo

a) Fattori di rischio per osteoporosi e/o fratture osteoporotiche • Età • Sesso femminile • Basso indice di massa corporea • Pregressa frattura da fragilità (in particolare vertebre, comprese le fratture morfometriche, polso, femore e omero) • Familiarità per frattura di femore/vertebre • Fumo (in atto) • Alcool (3 o più unità/die) • Carenza di Vitamina D • Menopausa prima dei 45 anni • Ridotta attività fisica • Immobilizzazione protratta • Ridotto introito di calcio • Eccessivo introito di sodio • Malattie associate ad osteoporosi • Trapianti • Farmaci

 

b) Fattori di rischio per cadute Anamnesi positiva per cadute precedenti o Condizioni con compromissione di Forza e massa muscolare (sarcopenia) Funzionalità arti inferiori Equilibrio Capacità visiva o Deterioramento cognitivo o Aritmie o Farmaci (farmaci attivi sul SNC, antipertensivi, alcol) o Deficit muscolare da ipovitaminosi D • Fattori ambientali o Ostacoli, illuminazione, superfici, calzature

OSTEOPOROSI SECONDARIE

   L’osteoporosi postmenopausale-senile va sempre distinta dalle forme di osteoporosi secondaria. Numerose sono le condizioni potenzialmente in grado di provocare la comparsa di osteoporosi: trattasi di molteplici malattie o di farmaci :

1) Elenco delle malattie associate ad osteoporosi: Malattie endocrine: - Ipogonadismo - Ipercortisolismo - Iperparatiroidismo - Ipertiroidismo - Iperprolattinemia - Diabete mellito tipo I e II - Acromegalia - Deficit GH Malattie ematologiche: - Malattie mielo e linfoproliferative - Mieloma multiplo - Mastocitosi sistemica - Talassemia - Gammopatie monoclonali - Anemia falciforme - Emofilia Malattie apparato gastro-enterico: - Epatopatie croniche - Cirrosi biliare primitiva - Morbo celiaco - Malattie infiammatorie croniche gastro-intestinali - Resezione gastro-intestinale - Bypass gastrico - Intolleranza al lattosio - Malassorbimento intestinale - Insufficienza pancreatica Malattie reumatiche: - Artrite reumatoide - LES - Spondilite anchilosante - Artrite psoriasica - Sclerodermia - Altre connettiviti Malattie renali: - Ipercalciuria idiopatica renale - Acidosi tubulare renale - Insufficienza renale cronica Malattie neurologiche: - Parkinson - Sclerosi Multipla - Paraplegia Linee Guida per la Diagnosi, Prevenzione e Terapia dell’Osteoporosi 11 - Esiti di ictus - Distrofie muscolari Malattie genetiche: - Osteogenesi Imperfetta - Ehlers-Danlos - Sindrome di Gaucher - Glicogenosi - Ipofosfatasia - Emocromatosi - Omocistinuria - Fibrosi cistica - Sindrome di Marfan - Sindrome di Menkes - Porfiria - Sindrome di Riley-Day Altre Malattie: - Broncopneumopatia cronica ostruttiva - Anoressia nervosa - AIDS/HIV - Amiloidosi - Sarcoidosi - Depressione

 

2) Farmaci Osteopenizzanti

GLUCOCORTICOIDI : Idrocortisone, prednisone ,desametasone ecc. Per inibizione attività osteoblastica/apoptosi osteocitaria;

INBITORI DELL’AROMATASI: Letrozolo, anastrozolo, examestane. Per ipogonadismo;

SSRI * Citalopram, fluoxetina,paroxetina. Per inibizione proliferazione osteoblastica;

INIBITORI POMPA PROTONICA: Esomeprazolo, omeprazolo,lansoprazolo ecc.A casua di riduzione dell'assorbimento intestinale di calcio;

H2 INIBITORI :Ranitidina, cimetidina lo stesso come sopra;

TIAZOLIDINEDIONI: Rosiglitazone, pioglitazone in quanto creano inibizione della neoformazione e differenziazione osteoblastica;

ORMONI TIROIDEI (eccesso): Levotiroxina per causa di un aumento del turnover osseo;

ANTICOAGULANTI: Eparina,warfain Riduzione dell’attività di osteocalcina ANTICONVULSIVANTI: Fenobarbital,acido valproico, oxacarbazepina,fentoina Interferenza con metabolismo vitamina D

Gnrh: Leuprolide, Goserelin Ipogonadismo con alto turnover

DIURETICI DELL’ANSA: furosemide Effetto calciurico

AGENTI ANTIRETROVIRALI: Efavirenz, nevirapina Tenofovir Inibitori delle proteasi Interferenza con metabolismo vitamina D Deplezione renale di fosfato Inibizione osteoblastogenesi

INIBITORI DELLA CALCINEURINA: Ciclosporina A (alte dosi) ,tacrolimus Elevazione turnover osseo.

NUTRIZIONE PARENTERALE incerto

SSRI: selective serotonin reuptake inhibitors; GnRH: gonadotropin-realising hormones; : Ci sono evidenze di associazione con rischio di frattura .

 

 

 

 

                                                      OSTEOPOROSI MASCHILE

 

L’osteoporosi rappresenta un problema di salute pubblica anche nei maschi. Circa il 20% di tutte le fratture di femore si verifica nel sesso maschile e l’incidenza di fratture vertebrali è circa la metà rispetto a quelle nella femmina. Tuttavia mortalità e morbilità per frattura vertebrale e di femore sono più elevate rispetto alla femmina. L’osteoporosi maschile è frequentemente secondaria (circa due/terzi nei maschi contro un/terzo nelle donne) per cui vanno sempre escluse condizioni patologiche associate all'osteoporosi. Le cause secondarie più comuni nel maschio sono ipogonadismo, alcoolismo, mieloma multiplo, iperparatiroidismo, malassorbimento ed uso di corticosteroidi. In soggetti maschi con pregresse fratture da fragilità l’indagine densitometrica serve a confermare il dubbio diagnostico di osteoporosi. In maschi senza frattura la misurazione della massa ossea mediante tecnica DXA rimane il metodo di scelta per la definizione di rischio di frattura . Una valutazione mediante DXA della massa ossea è giustificata nei maschi in qualunque età se in presenza di un fattore di rischio maggiore (ad esempio frattura da fragilità, uso di corticosteroidi). Viene consigliata inoltre in tutti i soggetti tra i 50 e i 69 anni in presenza di 2 o più fattori di rischio minori. I principali fattori di rischio per frattura del maschio sono sovrapponibili a quelli riscontrati nel sesso femminile e cioè fratture da fragilità, familiarità per frattura osteoporotica, terapie o patologie osteopenizzanti. Secondo le linee guida americane ed inglesi l’esecuzione della DXA risulta cost-effective sopra i 70 anni . Per l’utilizzo della tecnica ad ultrasuoni (QUS) i dati relativi alla popolazione maschile sono simili a quelli ottenuti nella popolazione femminile. Nei maschi viene consigliata l’esecuzione di una radiografia della colonna dorso-lombare per valutare la presenza di cedimenti vertebrali prevalenti nei soggetti sopra i 50 anni con anamnesi positiva per fratture, perdita di altezza superiore ai 4 cm rispetto all’altezza a 20 anni o trattamento con glucocorticoidi (recente o in corso). Ne viene inoltre suggerita l’esecuzione nei maschi tra i 70 e 79 anni se T-score a livello vertebrale o femorale < -1,5 oppure se sopra gli 80 anni con T-score < -1. Le linee guida NOF consigliano un trattamento farmacologico nei soggetti che abbiano avuto una frattura vertebrale (sia clinica che morfometrica) o femorale, nei soggetti con osteoporosi alla DXA (T-score < -2,5 a livello vertebrale o femorale) e nei maschi sopra i 50 anni con rischio di frattura secondo il FRAX a 10 anni di femore > 3% o di fratture maggiori >20%. In Italia per l’osteoporosi maschile idiopatica e secondaria a corticosteroidi sono registrati due aminobisfosfonati orali, l’alendronato ed il risedronato, ed uno endovena, l’acido zoledronico (Raccomandazione di grado A). Tra le altre classi di farmaci sono indicati denosumab (osteoporosi idiopatica maschile ed osteoporosi iatrogena nel carcinoma della prostata) e ranelato di stronzio. Per la forma idiopatica maschile è, inoltre, registrato il teriparatide (20 mgc sc/die) per le forme di osteoporosi severa (come definito dalla Nota 79) od in presenza di nuove fratture vertebrali o femorali in corso di trattamento con gli altri farmaci in nota 79. I farmaci con evidenza di effetto antifratturativo nel maschio sono i bisfosfonati (alendronato, risedronato, acido zoledronico) e il teriparatide.

L’alendronato e il risedronato sono in grado di aumentare la massa ossea a livello vertebrale e femorale e di ridurre il rischio di fratture vertebrali nell’osteoporosi maschile primitiva ed in quella indotta da glucocorticoidi . Non vi sono dati sulle fratture non vertebrali . Lo zoledronato ha dimostrato di migliorare la massa ossea a livello vertebrale e femorale e di ridurre il rischio di nuove fratture sia nell’osteoporosi maschile idiopatica che nell’osteoporosi da glucocorticoidi. Denosumab è in grado di aumentare la BMD nei maschi ad alto rischio di frattura ed è indicato nel trattamento della perdita ossea nei soggetti in terapia di deprivazione androgenica per carcinoma della prostata. Il ranelato di stronzio ha dimostrato un incremento della massa ossea nei maschi trattati rispetto a placebo. Il teriparatide è in grado di incrementare significativamente la BMD al rachide e al femore e di ridurre le fratture vertebrali medio-severe. Nell’osteoporosi da glucocorticoidi la teriparatide risulterebbe più efficace alla terapia con alendronato o risedronato nell’aumentare la BMD e nel ridurre le fratture vertebrali. Non vi è evidenza di trattamenti che nel maschio riducano il rischio di fratture non vertebrali. Il profilo di safety dei farmaci è risultato sovrapponibile per tipologia di eventi avversi e per incidenza degli stessi a quello registrato nella popolazione femminile post-menopausale .

Per tutte queste terapie va garantito un’adeguato introito di calcio (1000-1200 mg/die) e di vitamina D (colecalciferolo 800-1000 UI /die), adesso anche sotto la forma di spray orale per ottimizzare assorbimento.

 

RACCOMANDAZIONI GENERALI L’osteoporosi maschile è frequentemente secondaria e vanno pertanto escluse le principali forme patologiche che possono determinare osteoporosi.

E’ raccomandato il controllo della BMD nei maschi con almeno un fattore di rischio maggiore o con età superiore ai 50 anni e almeno due fattori di rischio minori o sopra i 70 anni anche in assenza di altri fattori di rischio per frattura (raccomandazione di grado A) Il cut-off diagnostico densitometrico per la definizione di osteoporosi nel maschio è un livello di T-score < -2,5 DS rispetto al soggetto giovane adulto (raccomandazione di grado B)

A supporto di tutte le terapie farmacologiche va garantito un’adeguato introito di calcio e vitamina D In Italia per l’osteoporosi maschile sono registrati alendronato, risedronato, zoledronato, denosumab e ranelato di stronzio (raccomandazione di grado A). Nell’osteoporosi maschile da glucocorticoidi sono registrati alendronato, risedronato e zoledronato (raccomandazione di grado A). In caso di osteoporosi severa come definito dalla nota 79 o in presenza di nuove fratture vertebrali o femorali dopo 1 anno di terapia con altri farmaci in nota 79, è indicato trattamento con teriparatide (raccomandazione di grado A).

 

 

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